lunedì 24 aprile 2017

Terrazze Retiche di Sondrio IGT - Selvatico - 2013 - Pietro Selva

Degustazione del 24 aprile 2017


  1. GUSTO: 7,5
    affilato, tagliente... Selvatico! Proprio quello che ci si aspetta da un nebbiolo di montagna! Il tipico colore rubino scarico, al naso è complesso, inizialmente con sentori di frutti rossi e poi con una piacevole nota speziata, di cacao o di caffè. In bocca c'è la conferma di questa complessità, ma anche della sua selvaticità, con un'acidità di poco superiore alla tannicità. Nel complesso, mi è parso un vino molto intrigante, che si lascia bere volentieri, pur presentando forti tipicità legate al territorio ed al vitigno. Sono contento di averlo bevuto relativamente giovane (2013), perchè credo che fosse questo il tipo di vino che aveva in mente il produttore
  2. FAIRNESS: 8,5
    l'azienda agricola Selva Pietro è di recentissima costituzione e di minuscole dimensioni (1,5 ha vitati), ma ha tutte le carte in regola per essere già considerata insieme ai nomi più noti e riconosciuti della nuova enologia "naturale". Non credo che il proprietario ami questo genere di etichette (così come, per esempio, non insegue a tutti i costi la doc Valtellina Superiore - Sassella), ma, per quel poco che ci è dato di sapere, la sua filosofia è proprio quella. Un giovane e preparato enologo, che cerca di esprimere al massimo le potenzialità del proprio territorio, senza trucchi e senza scorciatoie
  3. OCCASIONE: 7
    uno pseudo-ponte prefestivo è un buon pretesto per assaggiare una bottiglia fuori dal comune, anche se trattasi pur sempre di un vino cd. quotidiano
  4. ACQUISTO: 9
    questa bottiglia è stata acquistata dal mio amico Pax ad una fiera prenatalizia a Monza, direttamente dalle mani del produttore, che gliel'ha pazientemente illustrata
  5. PREZZO: 7,5
    come al solito, la viticoltura eroica della Valtellina non può confrontarsi con quella industriale e di pianura. Ciò posto, la fascia 10-12 euro è corretta, per un vino che è tutt'altro che banale



VOTO MEDIO: 7,9

lunedì 17 aprile 2017

Mosel Piersporter Goldtropfchen Riesling Kabinett - 1999 - Weingut Molitor Rosenkreuz


Degustazione di Pasquetta - 17 aprile 2017

  1. GUSTO: 8
    Gli appassionati di vino concordano quasi unanimemente che i vini bianchi più prestigiosi (e soprattutto più longevi) del mondo provengano dalla Germania, con particolare riferimento ai riesling della Mosella. Si tratta di vigneti impervi che costeggiano il fiume Mosel, già di per sè stessi difficili da coltivare, posti peraltro ad una latitudine estrema per la coltivazione della vite. Queste condizioni estreme, come spesso accade, consentono di ottenere un prodotto particolarissimo. Il vino bevuto oggi, per esempio, aveva appena 9,5% di alcool e già 18 anni sulle spalle e, pur essendo stato vinificato solo in acciaio, era ancora perfettamente integro! Anzi, i tipici sentori di idrocarburi che caratterizzano questa tipologia di uve dopo lungo invecchiamento, ancora erano ben mitigati da altri sentori morbidi e quasi dolci (mi viene in mente la pesca), che ne davano un equilibrio notevole. Anche l'acidità, sempre pronunciata in questi vini, era gradevole e certamente non eccessiva. Un vino davvero difficile da catalogare e senz'altro molto gradevole!
  2. FAIRNESS: 8
    non conoscendo il tedesco, mi baso sulle informazioni reperite dalle fonti italiane, ma posso senz'altro affermare che la cantina Molitor Rosenkreuz è una piccola realtà (5 ha vitati per 30.000 bottiglie l'anno), che produce vini naturali (rispetto per l'ambiente in vigna, lieviti indigeni, valorizzazione del terroir e delle singole annate) di grande qualità
  3. OCCASIONE: 7,5
    la classica "gita fuori porta" di Pasquetta si è concretizzata nell'invito a pranzo da due dei nostri migliori amici che abitano in una splendida villa nella campagna pavese. Prima di una consueta grigliata, abbiamo abbinato al riesling una pasta fredda ed un'insalata di asparagi al vapore (con rapanelli, carote, cipolloto, pomodori...). Piatti freschi e di stagione che non hanno sovrastato l'eleganza del vino!
  4. ACQUISTO: 8
    dopo aver assaggiato questo specifico vino al LiveWine 2017 di Milano, ho subito colto l'occasione per acquistarne alcune bottiglie dal rivenditore Meteri.it, che è uno splendido sito che seleziona pochissimi vini ricercati, prodotti da viticoltori naturali ed attenti a valorizzare i rispettivi terroir! Per quanto mi riguarda, si cade pressochè sempre in piedi!
  5. PREZZO: 7,5
    per essere un riesling della Mosella di 18 anni, i 21,70 € sono assolutamente ben spesi e meritevoli. Su altri prodotti del medesimo sito, che ho acquistato in cantina o tramite altri canali, ho notato qualche piccolo sovrapprezzo, ma nel caso di specie non ho metro di paragone e la ricercatezza del prodotto giustificherebbe anche un eventuale piccolo ricarico
VOTO MEDIO: 7,80

martedì 4 aprile 2017

Cinque grandi Bordeaux alla prova dei 30-40 anni!


Nella lussuosa cornice del Westin Palace di Milano, AIS Milano ha organizzato due serate particolarmente interessanti, dedicate all'evoluzione dei vini francesi decorsi 30-40 anni dalla vendemmia.
Il 3 aprile scorso, in particolare, è stato il turno dei vini rossi (il 6 giugno toccherà ai bianchi) e, a parte un particolarissimo intruso proveniente dalla Provenza (Vignelaure 1980, sempre e comunque composto da uve cabernet e merlot), si sono confrontati 5 grandi vini di Bordeaux.
Come premessa generale, devo ammettere di nutrire grande fascino per il vino francese in generale (che riconosco superiore ad ogni altra viticoltura mondiale quantomeno per storia, cultura e picchi di eccellenza), ma di avere una certa antipatia per il Bordeaux, soprattutto se confrontato con la Borgogna...
In Borgogna, per esempio, i vini sono conosciuti solo per il terroir ultra specifico, per quel pezzo di vigna con caratteristiche peculiari dal quale provengono, ed infatti le bottiglie sono catalogate per village e climat, venendo in secondo piano il produttore (cd. Domaine).
In Bordeaux, al contrario, esistono potenti Chateau, oggi anche in buona parte di proprietà di assicurazioni e grandi investitori del mondo della finanza, che marchiano il vino da loro prodotto, a prescindere dalla specifica vigna dalla quale l'uva è raccolta...
Anche i vitigni utilizzati in Bordeaux sono i grandi vitigni internazionali (merlot, cabernet sauvignon, cabernet franc) i quali, diciamocelo, danno buoni vini un po' in tutto il mondo, mentre in Borgogna si coltiva solo il pinot nero, vitigno particolarissimo e delicato, che in nessun altro luogo del mondo da risultati paragonabili.
Ancora si potrebbero citare le dimensioni totali coltivate, il numero di bottiglie prodotte, la speculazione sui prezzi delle stesse, ma anche lo stesso landscape a ridosso di un grosso fiume e delle zone quasi paludose ad esso annesse, la stessa presenza di una metropoli nel bel mezzo dei vigneti...
Insomma, per la mia modestissima opinione, la zona di Bordeaux rappresenta "la puzza sotto il naso", è il simbolo di un'enologia moderna fatta più per il mercato che per la qualità del vino, gestita da multinazionali più che da contadini; mentre i cugini borgognotti mi danno l'idea di una cultura più sobria, più contadina, più legata alle tradizioni secolari e più attenta alla qualità del prodotto che al suo posizionamento sul mercato.
Fatta questa noiosa e non richiesta premessa, ieri sera ho bevuto 5 vini interessantissimi, di cui 4 straordinari!
La stessa circostanza di assaggiare bottiglie di quel livello e di annate così risalenti, con possibilità di un confronto diretto e con l'aiuto di un grande esperto (Nicola Bonera) che ce le ha commentate è stata per me un'esperienza estremamente formativa, oltre che goderccia!
Volendo spendere due parole anche sui vini, serviti in modo impeccabile dai sommelier dell'AIS (che hanno stappato - non senza problemi - filtrato, scaraffato, portato a temperatura ideale - mantenuta intorno ai 14° fino al servizio per evitare una eccessiva ossidazione - e servito i vini con professionalità), mi ha stupito innanzitutto la grande complessità ed evoluzione che gli stessi ci hanno regalato; ogni olfazione, ogni giro di bicchiere, ogni sorso, sentivamo profumi e sapori differenti, e mai è emerso un solo difetto.
Il Chateau Tours del Malle 1989 (Graves) (produttore più avvezzo al sauternes) ha regalato piacevoli profumi di zafferano, confermati anche al sorso, ma si è dimostrato l'unico dei 5 ad aver perso quasi tutta la tannicità, la freschezza e la materia. Dopo una mezz'ora dal servizio, poi, ha virato verso toni affumicati non particolarmente gradevoli.
Il Chateau Fonroque 1988 (St. Emilion) e Chateau La Grave 1988 (Pomerol), accomunati da un'annata più ruvida rispetto alle altre, hanno forse proprio per questo mostrato un tannino più pronunciato, associato nel primo caso a intensi profumi di sottobosco (quasi funghi) e nel secondo a note più speziate e forse anche più eleganti. Due grandissimi vini, ancora perfettamente presenti!
Lo scettro del migliore, però, se lo contendono i due vini più rinomati (e costosi), ossia il Chateau Petit Village 1989 (Pomerol) ed il Chateau Leoville Las Cases 1978 (St. Julien).
Entrambe le bottiglie hanno quotazioni considerevoli, che possono arrivare anche oltre le 100-200 euro la bottiglia, a seconda delle annate e del canale di acquisto e rappresentano rispettivamente un'etichetta emergente ed una storica della denominazione.
All'assaggio i vini erano differenti, ma entrambi eccezionali!
Entrambi con colori molto intensi, ed ancora in predominanza rubino.
Il Leoville Las Cases aveva inizialmente una nota vegetale, verde, molto pronunciata, assolutamente insolita in un vino di quasi 40 anni, ed oggi poco di moda, ma che a me è piaciuta molto. Dopo una mezz'ora il profumo si è molto evoluto, passando a note più balsamiche ed a sentori quasi di un amaro alle erbe, più che di un vino. All'assaggio tutti i presenti sono rimasti sorpresi dalla freschezza e dall'equilibrio tra acidità e tannino, ancora entrambi presenti, che hanno reso questo vino interessantissimo, ricco e probabilmente perfetto anche per accompagnare un buon piatto di carne.
Il Petit Village 1989, dal canto suo, mi ha forse dato qualche emozione in meno, anche per gli undici anni di storia regalati al precedente vino, ma devo ammettere che era forse ancora più elegante ed impeccabile dal punto di vista dei profumi e dei sentori gusto-olfattivi.
In conclusione devo dire che, a questi livelli e con queste annate, tutti i discorsi iniziali non hanno avuto alcuna importanza.
Consiglio a tutti di provare esperienze degustative di questo tipo, che sono emozionanti per l'anima ed istruttive per la conoscenza dell'evoluzione del vino, una delle caratteristiche più affascinanti per ogni appassionato.
Ora non vedo l'ora di assaggiare i bianchi!
Stay tuned